DEGUSTAZIONI DEI BORGHI E CITTÀ

Prodotti Iberici

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    Il jamon serrano è un prosciutto crudo spagnolo molto conosciuto ed amato: un alimento derivante dalla stagionatura delle zampe posteriori di maiale di razza bianca. Il prosciutto jamon serrano viene prodotto principalmente nelle zone andaluse della Sierra – da cui deriva il suo nome – ed insieme al Pata Negra e al jamon iberico rappresenta una vera e propria tradizione culianaria spagnola.
    prodotto nelle zone di Aragona, Granada e Almeria

    L'Aragona (in spagnolo ed aragonese Aragón, in catalano Aragó) è una comunità autonoma del nord-est della Spagna. Ha una superficie di 47719 km², con una popolazione di 1 347 095 abitanti (2010).

    Confina a nord con la Francia (regioni Nuova Aquitania e Occitania), ad est con la Catalogna, a sud con Valencia, e ad ovest con Castiglia-La Mancia, Castiglia e León, La Rioja, e Navarra. Il capoluogo è Saragozza, che è anche il centro maggiormente abitato della regione. Le tre province in cui l'Aragona è suddivisa (Saragozza, Huesca e Teruel), si articolano, a loro volta, in 33 comarcas (unità territoriali provviste di limitata autonomia amministrativa).

    L'Aragona fu abitata in epoca preromana da Vasconi (in alcune valli pirenaiche), Iberi (in tutta la sua parte occidentale) e Celtiberi (nelle zone centro-orientali e sud-orientali). Conquistata da Roma (II secolo a.C.), entrò a far parte, in età augustea, della Tarraconense.

    Profondamente romanizzata, l'attuale Aragona conobbe un periodo di notevole sviluppo nei primi due secoli dell'era volgare. Città come Caesaraugusta, Osca, Bilbilis si accrebbero e prosperarono sotto l'ala della Pax romana.

    Durante le invasioni barbariche, l'Aragona fu uno degli ultimi baluardi romani nella penisola iberica, resistendo alla penetrazione visigota (iniziata attorno alla metà del V secolo), per oltre un ventennio. Interamente occupata fra il 472 e il 476 rivestì un ruolo marginale nell'ambito della monarchia visigota, che si protrasse fino agli inizi dell'VIII secolo, allorquando la regione cadde quasi interamente sotto il giogo moresco. Solo alcune valli pirenaiche e la città romana di Iacca riuscirono a mantenersi indipendenti (quest'ultima grazie al pagamento di un tributo).

    Sul finire dell'VIII secolo l'Aragona pirenaica entrò nell'orbita carolingia e la protezione franca permise all'aristocrazia locale di iniziare una lunga e sanguinosa Reconquista, che si protrasse per oltre tre secoli e che culminò con la cacciata dei Mori da Saragozza (1118) e dagli ultimi territori restati in potere islamico nel sud della regione (inizi del XIII secolo)

    Ancor prima che la regione venisse interamente liberata dai Mori, l'Aragona si era costituita in regno indipendente (1035), denominato Corona d'Aragona, che perdurò per quasi sette secoli, fino cioè alla Guerra di successione spagnola. Tale Corona comprendeva, oltre al Regno d'Aragona (attuale regione amministrativa), anche, a partire dal 1137, la Catalogna e, successivamente, le Isole Baleari, Valenzia, Sicilia, Napoli e Sardegna. Per periodi più o meno lunghi comprese anche gran parte dell'attuale Provenza e della Linguadoca, il Ducato di Atene e quello di Neopatria. Il centro di tale Corona si spostò, fin dagli inizi del XIII secolo da Saragozza a Barcellona (e per gran parte del regno di Alfonso il Magnanimo a Napoli), cuore di un impero che governava gran parte del Mar Mediterraneo ed imponeva le proprie regole sui territori da esso controllati (sistema di regole conosciuto, in catalano, con il nome di Libre del Consolat del Mar).

    Unione con la Castiglia
    Nel 1469 si realizzò l'unione dinastica fra la Castiglia e la Corona d'Aragona grazie al matrimonio di Ferdinando II d'Aragona ed Isabella I di Castiglia. Tuttavia anche dopo tale unione, la Corona d'Aragona continuò a costituire un'entità statuale autonoma, con un proprio Parlamento e un proprio ordinamento giuridico. La Corona d'Aragona cessò di esistere solo a seguito della promulgazione dei Decreti di Nueva Planta (inizi del XVIII secolo) che sancirono il definitivo assorbimento del Regno d'Aragona nello Stato spagnolo.

    Araldica
    Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Barre d'Aragona.
    L'antico simbolo araldico dei re della Corona d'Aragona è composto da quattro frange orizzontali (pali) di colore rosso su sfondo dorato. Sono presenti nello stemma spagnolo e in quelli di entità statuali iberiche, occitane, italiane ed elleniche anticamente legate alla Corona d'Aragona.

    I primi riferimenti documentali di tale stemma risalgono alla seconda metà del XII secolo e sono costituiti dai sigilli utilizzati dal re Alfonso II. Tuttavia alcuni studiosi catalani ne fanno risalire l'origine a Goffredo il Villoso. Per avallare tale teoria viene spesso citato il Libre de feyts d'Arms de Catalunya, secondo il quale Carlo il Calvo, per premiare Goffredo che aveva valorosamente combattuto al suo fianco, immerse quattro dita nel sangue che fuoriusciva dalle ferite, imprimendole sullo scudo del conte che all'epoca era privo di contrassegni, dando così origine alle barre catalane.

    Lo scudo quadripartito, riporta (in senso orario da sin a dx):

    l'albero eradicato su campo oro, originariamente argento, è simile alla bandiera arborense sormontata da una croce, ma deriva dal leggendario Regno di Sobrarbe;
    la croce bianca in campo azzurro, simbolo originale della Contea d'Aragona;
    i quattro pali rossi su fondo oro, simbolo del Regno d'Aragona;
    i "quattro mori" della bandiera dei quattro mori, la cui simbologia non è precisamente definita. La più antica attestazione dell'emblema risale al 1281, al sigillo della cancelleria reale di Pietro d'Aragona. Curiosamente, gli stessi appaiono posteriormente sulla bandiera della Sardegna, che fece parte dei possedimenti aragonesi. Il territorio sardo, infatti, fu formalmente assegnato alla corona d'Aragona da papa Bonifacio VIII nel 1297, per poi essere sottoposto a diverse campagne di conquista nei decenni successivi. Una volta che la Sardegna entra a far parte della Corona d'Aragona, tali sigilli vi giungono a chiusura dei documenti dei re Giacomo II (1326), Alfonso il Benigno (1327-1336) e Pietro IV (1336-1387); alcuni esemplari sono conservati nell'Archivio Storico Comunale di Cagliari.

    Durante le invasioni barbariche, l'Aragona fu uno degli ultimi baluardi romani nella penisola iberica, resistendo alla penetrazione visigota (iniziata attorno alla metà del V secolo), per oltre un ventennio. Interamente occupata fra il 472 e il 476 rivestì un ruolo marginale nell'ambito della monarchia visigota, che si protrasse fino agli inizi dell'VIII secolo, allorquando la regione cadde quasi interamente sotto il giogo moresco. Solo alcune valli pirenaiche e la città romana di Iacca riuscirono a mantenersi indipendenti (quest'ultima grazie al pagamento di un tributo).

    Sul finire dell'VIII secolo l'Aragona pirenaica entrò nell'orbita carolingia e la protezione franca permise all'aristocrazia locale di iniziare una lunga e sanguinosa Reconquista, che si protrasse per oltre tre secoli e che culminò con la cacciata dei Mori da Saragozza (1118) e dagli ultimi territori restati in potere islamico nel sud della regione (inizi del XIII secolo)

    Ancor prima che la regione venisse interamente liberata dai Mori, l'Aragona si era costituita in regno indipendente (1035), denominato Corona d'Aragona, che perdurò per quasi sette secoli, fino cioè alla Guerra di successione spagnola. Tale Corona comprendeva, oltre al Regno d'Aragona (attuale regione amministrativa), anche, a partire dal 1137, la Catalogna e, successivamente, le Isole Baleari, Valenzia, Sicilia, Napoli e Sardegna. Per periodi più o meno lunghi comprese anche gran parte dell'attuale Provenza e della Linguadoca, il Ducato di Atene e quello di Neopatria. Il centro di tale Corona si spostò, fin dagli inizi del XIII secolo da Saragozza a Barcellona (e per gran parte del regno di Alfonso il Magnanimo a Napoli), cuore di un impero che governava gran parte del Mar Mediterraneo ed imponeva le proprie regole sui territori da esso controllati (sistema di regole conosciuto, in catalano, con il nome di Libre del Consolat del Mar).

    Unione con la Castiglia
    Nel 1469 si realizzò l'unione dinastica fra la Castiglia e la Corona d'Aragona grazie al matrimonio di Ferdinando II d'Aragona ed Isabella I di Castiglia. Tuttavia anche dopo tale unione, la Corona d'Aragona continuò a costituire un'entità statuale autonoma, con un proprio Parlamento e un proprio ordinamento giuridico. La Corona d'Aragona cessò di esistere solo a seguito della promulgazione dei Decreti di Nueva Planta (inizi del XVIII secolo) che sancirono il definitivo assorbimento del Regno d'Aragona nello Stato spagnolo.

    Araldica
    Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Barre d'Aragona.
    L'antico simbolo araldico dei re della Corona d'Aragona è composto da quattro frange orizzontali (pali) di colore rosso su sfondo dorato. Sono presenti nello stemma spagnolo e in quelli di entità statuali iberiche, occitane, italiane ed elleniche anticamente legate alla Corona d'Aragona.

    I primi riferimenti documentali di tale stemma risalgono alla seconda metà del XII secolo e sono costituiti dai sigilli utilizzati dal re Alfonso II. Tuttavia alcuni studiosi catalani ne fanno risalire l'origine a Goffredo il Villoso. Per avallare tale teoria viene spesso citato il Libre de feyts d'Arms de Catalunya, secondo il quale Carlo il Calvo, per premiare Goffredo che aveva valorosamente combattuto al suo fianco, immerse quattro dita nel sangue che fuoriusciva dalle ferite, imprimendole sullo scudo del conte che all'epoca era privo di contrassegni, dando così origine alle barre catalane.

    310px-Tarazona_-_Catedral


    Granada
    capoluogo dell'omonima provincia andalusa.

    Il suo periodo migliore fu quello successivo al periodo in cui al-Andalus (Spagna islamica) fu dapprima un Emirato e poi Califfato omayyade, con sede a Cordova. Con i reinos de taifas la città - che ospitava una ricca e attiva comunità ebraica, stanziata soprattutto nel quartiere Realejo, tanto da far chiamare la città Granada degli ebrei - fu governata dal 1013 in modo progressivamente indipendente dagli Ziridi, una dinastia fondata da Zāwī ibn Zīrī, un berbero giunto dal Nordafrica per partecipare alle guerre innescate in al-Andalus dal crollo del Califfato

    Durante il dominio islamico, Granada è stata una delle maggiori città commerciali per lo scambio di pietre preziose, pelli, armi e polveri da sparo. Alcuni di questi oggetti venivano anche dall'Estremo Oriente come la Cina e la Mongolia, anche se i primi importatori di oggetti provenienti da questi territori furono gli antichi romani, nel loro periodo di grande prosperità.

    Nel corso della dominazione almoravide e almohade, Granada perse la sua indipendenza, costretta a piegarsi al volere dei signori venuti dal Maghreb, ma recuperò il proprio ruolo quando, nel 1238, Muḥammad ibn Yūsufu ibn Nāẓar (o Naṣr) entrò nella città dalla Puerta de Elvira per occupare il Palazzo del Gallo del Vento e legare la sorte della sua dinastia nasride al Sultanato di Granada. I Nasridi dettero alla città venti sultani, fino alla sua caduta nel gennaio del 1492.

    I Nasridi trasformarono la loro capitale in uno dei centri più brillanti dell'intera Penisola Iberica, tanto sotto il profilo economico e sociale quanto sotto quello prettamente culturale. Fu l'ultimo reame ad essere "riconquistato" dai cristiani che, per un lungo periodo, le consentirono di sopravvivere, sia pure in uno stato di sostanziale infeudamento, alla corona di Castiglia, fino a quando, nel 1492, Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona costrinsero alla resa e all'esilio l'ultimo Sultano Abū ʿAbd Allāh (il "Boabdil" delle cronache cristiane dell'epoca).

    C'è una località chiamata "Sospiro del moro" da dove, prima di procedere verso la costa, si vede per l'ultima volta il panorama della città, e qui secondo la tradizione si fermò Boabdil a rimpiangere il suo perduto regno. Secondo la tradizione, la madre di quest'ultimo lo rimproverò dicendogli: "Piangi come una donna perché non hai saputo difendere il tuo regno come un uomo"

    Il fatto che i "Cattolicissimi" re avessero deciso di eleggere come propria sede reale a Granada proprio il palazzo dei sultani dell'Alhambra (dall'arabo al-Ḥamrāʾ, ossia "la Rossa", a causa forse del colore rosato delle strutture murarie o, forse, del colore rossiccio della barba del primo sultano) lo preservò dalla devastante damnatio memoriae dei vincitori. Oggi l'Alhambra è considerata uno dei Patrimoni dell'Umanità. Carlo V edificò anche un suo palazzo nel mezzo dell'Alhambra, che non fu però terminato.

    Alla fine del XVI secolo, con Filippo II al potere, scoppiò la sanguinaria ribellione dei moriscos (musulmani convertiti al cristianesimo) e fu costretto a intervenire il fratellastro di Filippo II, don Giovanni d'Austria, vincitore di Lepanto, che operò una repressione durissima: il capo degli insorti Abén Humeya (1520-1569), il cui nome cristiano era Fernando de Córdoba y Válor mentre quello arabo era Muḥammad ibn Umayya, fu tradito e assassinato da Abén Abó (Ibn ˁAbbād o Ibn ʿAbbās) che, a sua volta, fu decapitato dai cristiani che esposero la sua testa sulla Porta Reale. I moriscos vennero definitivamente espulsi dal suo regno da Filippo III e ci fu un periodo di grave crisi dell'economia nazionale (originata dallo sfacelo del settore agricolo). Nei secoli XVII secolo e XVIII secolo vi fu invece un periodo di grande splendore dovuto all'oro e all'argento delle Americhe e vennero avviate e completate le costruzioni delle grandi opere del Barocco e del periodo successivo

    Nei secoli seguenti, Granada non fu più al centro della vita culturale del paese fino a quando, nel 1829, giunse in città Washington Irving, il quale dimorò all'Alhambra e scrisse I racconti dell'Alhambra che attrassero molti scrittori, artisti e viaggiatori romantici come Alexandre Dumas, Honoré Daumier, Delacroix ed altri. Nel 1889 si iniziò il restauro dell'Alhambra che fu aperta al pubblico con Alfonso XIII. Da allora Granada ha accresciuto la sua fama con Federico García Lorca, Salvador Dalí, Andrés Segovia e Manuel de Falla, che vi dimorarono contemporaneamente, facendo diventare la città andalusa uno dei maggiori centri mondiali della letteratura e della musica


    Almeria
    Almería è un comune spagnolo di 196.851 abitanti situato nella comunità autonoma dell'Andalusia bagnato dal Mediterraneo. Il comune comprende anche l'isola di Alborán tra la Spagna e il Marocco.

    Attorniata da una cerchia di sierras (montagne) affacciate sul mare è un importante porto commerciale, uno dei principali della Spagna mediterranea dopo Barcellona, che serve per l'esportazione di minerali di ferro delle miniere delle Sierre e dalle rinomate uve da tavola coltivate nell'entroterra. Celebre tra gli amanti del cinema per essere stata teatro di riprese di molti spaghetti-western (quelli di Sergio Leone in primis), durante il 2019 è stata capitale spagnola della gastronomia.


    Cordova (AFI: /ˈkɔrdova/; in spagnolo Córdoba; in latino Cordŭba) è un comune spagnolo di 326.609 abitanti situato nella comunità autonoma dell'Andalusia, sulla riva del Guadalquivir e ai piedi della Sierra Morena. Fu la capitale della al-Andalus. Durante l'epoca d'oro islamica, Cordova fu trasformata in un centro mondiale di istruzione e apprendimento, dando i natali a importanti filosofi e scienziati come Averroè, Ibn Hazm e Abu al-Qasim al-Zahrawi, e divenne la città più grande d'Europa, superando Costantinopoli. Fu conquistata dal Regno di Castiglia tramite la Reconquista cristiana nel 1236

    220px-Cordoba_tempio_romano

    Piatti tipici sono il salmorejo (una zuppa fredda di pomodoro), la minestra di malmones, le uova alla como salgan, gli asparagi alla cazuela, lo stufato di coda di toro (rabo de toro), il flamenquin (involtino di carne fritto) e il gazpacho cordovano (con aggiunta di uovo sodo). Vi sono inoltre un'infinita varietà di tapas (piccole porzioni di pietanze, una sorta di antipasto) e la tortilla (frittata di uova e patate). La regione di Cordova produce anche vini di buona qualità secchi e di buona gradazione, soprattutto nelle zone di Montilla e Moriles: le più accreditate qualità sono fino, ammontillado, oloroso e Pedro Ximenes. Da non perdere è la cata del vino, in maggio dove si ha la possibilità di assaggiare i vini tipici della regione.

    Sentitissima come in tutta l'Andalusia è la Semana Santa, la settimana di Pasqua durante la quale le vie della città sono attraversate dalle processioni delle varie hermandades (confraternite). A maggio è quindi la volta del Festival dei cortili (Festival de los Patios) e della festa de Las Cruces che si celebra ai primi del mese e in occasione della quale vengono poste delle croci composte di fiori in varie piazze della città, attorno alle quali si raduna la gente suonando musiche tipiche.

    La festa di Cordova per eccellenza è però quella della Madonna della Salute, che si celebra dal 25 al 31 maggio, in cui si mangia nelle casetas e popolata da persone in costume tipico e musica.




     
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